Il funzionamento dei raggi UV-C. Intervista a Giulia Santi di Light Progress

Abbiamo intervistato la dott.ssa Giulia Santi, responsabile marketing di Light Progress, per conoscere da vicino il mondo dei raggi ultravioletti, i vantaggi e i limiti nel campo della sanificazione. Attraverso le parole di una professionista di una azienda leader del settore, abbiamo indagato gli aspetti più interessanti e meno conosciuti dei raggi UV-C, per poter fugare ogni dubbio in merito alla loro funzione e sicurezza.

Come fanno i raggi UV-C a disinfettare superfici acqua e aria?

“I raggi UV fanno parte dello spettro dell’invisibile. Nonostante le lampade una volta accese facciano una luce azzurrina che assomiglia un po’ a quella delle lampade abbronzanti. La parte che invece ha la proprietà germicida è totalmente invisibile, quindi non si può vedere ad occhio nudo. Questa lunghezza d’onda che per le lampade si aggira intorno a 254 nanometri ha la capacità di penetrare organismi viventi di qualsiasi tipo e andare ad intaccare il loro DNA… quindi ne divide i legami, fino a che il batterio, il virus, la spora o qualsiasi microrganismo che ha un DNA ed è quindi vivente, non riesce più a replicarsi… non riesce più, diciamo, ad avere un’attività di qualsiasi tipo: quindi nel caso dei batteri che si autoriproducono, non si riproducono più; nel caso di virus, questi non sono più attivi e quindi non hanno più nessuna capacità di attaccare un altro organismo e di riprodursi attraverso questo. Queste proprietà possono essere usate sia per aria, acqua e superfici. Nel caso dell’acqua va considerata la trasparenza. Solitamente si parla di acqua potabile per riuscire ad avere un trattamento efficace solo con raggi UV. Anche se ci sono molte applicazioni nelle acque di scarico in combinazione con altre tecnologie. Nel caso dell’aria, gli UV-C colpiscono questi microorganismi e li eliminano al passaggio, mentre nel caso delle superfici, vengono eliminati i microrganismi che trovano una superficie adatta per replicarsi e quindi non possono creare delle colonie”.

Gli UV-C sono una tecnologia sicura? Quanto è importante affidarsi a degli esperti?

“…è una tecnologia sicura se gli apparecchi vengono utilizzati con cognizione di causa! Potenzialmente ci sono dei rischi: se io accendo una lampada in maniera incauta senza essermi schermato, in pochi minuti potenzialmente posso avere già dei danni sia alla pelle che agli occhi. Ricordiamoci che, anche solo per stare all’aperto sotto il sole, è altamente consigliato avere una protezione solare. Non si può certo accendere una lampada ed essere così alla mercé dei raggi UV che fuoriescono dalla lampada.

Questo è il motivo per cui bisogna stare attenti a tutte quelle pubblicità fuorvianti di sistemi UV-C che si vedono su molti e-commerce, dove bambini giocano con le costruzioni vicino ad una lampada accesa. Sono pericolosi se non si ha assolutamente idea di quello che si sta facendo e sono pericolosi se non ci si affida a qualcuno che già, solo nel progettare il sistema UV-C, abbia considerato tutte le sicurezze del caso. Penso alla segnalazione del pericolo in tutti i posti dove serve, al manuale d’uso dei vari apparecchi, lo spegnimento del sistema UV-C in presenza di persone e nel caso di sistemi che invece sono progettati per essere usati in presenza di persone, la correttezza dei dispositivi idonei, come filtri o labirinti, che possano garantire sia la giusta schermatura ma anche lo sfruttamento delle potenzialità degli apparati. È importante formare i clienti curando tutta la parte della gestione dei manuali di sicurezza. Chi fa gli impianti deve veramente avere chiaro perfettamente che cosa sta facendo. Perché poi ovviamente il rischio reale è per la salute di chi ne fa uso o ne viene colpito”.

Qual è il limite di questa tecnologia?

“L’unico limite di questa tecnologia è il fatto che ci sono delle zone d’ombra dove non arrivano i raggi. Gli UV-C non riescono ad attraversare un corpo o ad attraversare addirittura un vetro normalissimo perché questo ne scherma completamente il passaggio. Quindi, mentre vediamo la luce azzurra dall’esterno di un vetro o di un plexiglas, in realtà fuori non sta arrivando niente della parte invisibile che ha proprietà germicide”.

Quali sono i vantaggi degli UV-C rispetto ai detergenti chimici per la sanificazione degli ambienti?

I disinfettanti chimici sono molto efficaci ovviamente per disinfettare superfici e fare una pulizia profonda. Il problema è gli unici microrganismi che riescono a sopravvivere in qualche modo sono quelli più resistenti a questa parte chimica. Questo a lungo andare crea dei microrganismi super resistenti.

Quindi, come dire, è un rischio specialmente negli ambienti sanitari dove la carica batterica può essere anche importante e soprattutto dove i batteri possono essere pericolosi. Senza contare che comunque, quello sanitario, è già un ambiente dove le persone arrivano con deficienze immunologiche quindi più sensibili a prendere delle infezioni. Questa selezione naturale della specie diventa controproducente per chi oggi disinfetta continuamente la superficie ma non si rende conto che sta creando sempre di più microrganismi resistenti a tutto, non solo ai disinfettanti chimici ma magari anche agli antibiotici, provocando potenziali infezioni che diventano in qualche modo non curabili.

Il secondo motivo più banale, è che non tutti i materiali riescono a essere disinfettati con sostanze chimiche. Una sostanza chimica la devi trattare manualmente: un pavimento lo si deve ripulire comunque a mano. Quindi non puoi essere sicuro di aver esercitato la stessa forza, o di aver diluito la giusta quantità in tutto il pavimento, in tutta la scrivania, ovunque. Questo genere di disinfezione è lasciato molto all’accuratezza di una persona che sta facendo comunque un’operazione manuale e che quindi ha tantissime possibilità di errore.

Un ulteriore motivo è che i disinfettanti chimici non li puoi usare ovunque. Se pensi all’industria alimentare: usare un disinfettante chimico significa che poi mangiando il cibo, si potrebbe ingerire anche il cloro che hai usato per disinfettare una vaschetta o qualsiasi cosa che vada a contatto con gli alimenti. Tutti questi svantaggi non sono presenti negli UV-C”.

È consigliabile usare la tecnologia UV-C in combinazione con i detergenti chimici?

“Per la disinfezione la cosa migliore è una combinazione di più tecnologie. Perché per ottenere un risultato ottimale serve prima la pulizia manuale che rimuove i residui di sporco: se io mangio, rimarranno delle briciole per terra che comunque devo portare via con la pulizia meccanica, solo così posso eliminare tutto quello che si frappone tra la mia lampada UV-C e la superficie che voglio colpire. Questo passaggio è indispensabile perché aiuta ad avere una buona performance. Non si può smettere di pulire, è ovvio, però anziché fare due sanificazioni al giorno di un locale, magari di qualche metro quadrato mi faccio aiutare dai raggi UV-C che sono accesi in mia assenza mentre, nel frattempo, mi dedico alla pulizia di un’altra stanza, ottenendo per di più un risultato migliore.

Quello che permettono i raggi UV-C è certamente la possibilità di usare dei disinfettanti meno aggressivi quindi più blandi rispetto a quello che sarebbe indispensabile usare se fossero usati da soli. Se io uso solo il disinfettante chimico magari devo usare una concentrazione molto alta di soluzioni alcoliche o di cloro. Un esempio molto banale è la piscina: non si può evitare di mettere il cloro o non mettere l’anti-alga. Però io, grazie alle lampade UV-C metto un decimo di cloro o di altro disinfettante chimico; quindi faccio passare la mia acqua dentro al sistema UV-C, in ciclo chiuso, così l’acqua viene continuamente trattata, ogni volta che la piscina è in funzione. Se io dopo faccio l’analisi dell’acqua, questa è talmente tanto buona che invece di usare una pasticca al giorno ne uso uno ogni quattro giorni. Quindi questo rende l’acqua più piacevole da usare, nel caso specifico che sto facendo adesso, e allo stesso tempo più sicura”.

Quali sono i tempi di esposizione minima per la disinfezione?

“Ogni microrganismo ha una sua resistenza quindi ci sono microrganismi molto resistenti, altri poco resistenti; per quelli più resistenti si parla di qualche minuto di irraggiamento per quelli meno resistenti si parla di pochi centesimi di secondo. Quindi c’è un range che va considerato. Per essere sicuri che la disinfezione è stata fatta in maniera corretta si utilizzano dei microrganismi target che solitamente sono quelli abbastanza resistenti: tutto quello che sta sotto quella soglia di resistenza significa che è stato eliminato molto prima. Ci si orienta quindi anche in base al tempo impiegato per abbattere uno specifico microrganismo”.

In che modo le vostre soluzioni sono su misura?

“Dobbiamo progettare dei sistemi su misura per poter avere una performance ottimale della lampada e quindi della sua potenza, in modo che sia adeguata all’applicazione e che possa portare ad un abbattimento minimo del 90% fino a arrivare anche al 99,99%. Per ottenere questo risultato bisogna tenere in considerazione tanti fattori. In ogni caso, per adattare i sistemi ad una stanza o un ambiente bisogna fare dei calcoli che tengano conto di una progettazione su misura.

Quindi da una parte “su misura” diventa la normale gestione della vendita del prodotto di catalogo; dall’altra parte c’è la nostra capacità di disegnare, essendo produttori, sistemi UV-C in tutte le loro parti. Una vera e propria customizzazione che ci permette di tirare fuori tutta la performance dal minore numero possibile di sistemi per ambiente”.