Il mercato e la richiesta dei raggi UV-C

In un momento di così tale successo per i raggi UV-C nel campo della sanificazione degli ambienti, abbiamo intervistato nuovamente la dott.ssa Giulia Santi, responsabile marketing di Light Progress.

Attraverso le parole di una professionista di una delle aziende leader del settore, abbiamo indagato gli aspetti più interessanti di questa tecnologia: l’attualità dei raggi UV-C e l’importanza che tantissime aziende di svariati settori merceologici cominciano ad attribuirgli. Una sensibilità al tema della salute che, andando oltre le necessità imposte dal Covid-19, sarà destinata a rimanere.

Light Progress ha un’esperienza di oltre trent’anni, come si è evoluta la tecnologia del settore nel tempo?

“C’è stato un aumento dei settori di applicazione molto importante. Quindi se prima i settori erano di nicchia o molto particolari, nell’ultimo periodo specialmente, c’è stato un incremento delle possibilità di applicazione di questa tecnologia, nei settori più disparati fino a farla diventare proprio, una tecnologia di largo consumo e di largo uso che 30 anni fa era completamente impensabile immaginare”.

Il Covid-19 ha acceso ulteriormente i riflettori sui raggi UV-C: come è cambiato oggi il mercato e quali sono le prospettive future?

“Allora, stiamo trattando questo evento lavorando circa 13 ore al giorno” sorride “perché c’è davvero tanta, tanta richiesta. Ovvio che la situazione aveva preso tutta un’altra piega rispetto a una settimana prima dell’emergenza sanitaria. Senza contare il numero infinito di proposte che abbiamo visto comparire su Internet: aziende di produttori e importatori di tutti i tipi. Perché ovviamente tutti si sono catapultati sugli UV-C, almeno quelli che ne avevano la minima possibilità. È aumentato il numero delle richieste e dei concorrenti sicuramente. Pensi che in Italia forse eravamo in tre o quattro a produrre sistemi UV-C. E credo che siamo gli unici a fare prodotti per aria, acqua e superfici di nostra produzione italiana.

Quindi adesso ci siamo trovati davanti a molti più concorrenti che si sono messi a vendere “lampade UV”, spesso però riscontriamo una carenza di know-how. Certamente è stata la domanda creata dal Covid che ha portato alla ribalta tutto questo.

Ma il mercato fortunatamente è cambiato nel senso che i clienti sono più selettivi e informati, cercano qualcosa di professionale perché sono attenti a dove investono e quindi preferiscono affidarsi a qualcuno che ha esperienza, prodotti certificati, test che dimostrano l’efficacia… insomma chi ha una storia alle spalle. Tutto questo ci sta premiando oggi: basta dire che abbiamo 30 anni di esperienza e che abbiamo un catalogo praticamente completo, questo certifica la nostra credibilità. Questa parte sta facendo la differenza per noi. Quindi anche se, spesso e volentieri siamo messi al confronto con altre realtà, riusciamo comunque a differenziarci per professionalità e per il catalogo di prodotti che possiamo offrire.

In generale, oggi gli apparecchi UV-C stanno diventando una tecnologia di largo uso e credo che per quanto riguarda la gran parte delle applicazioni ci sarà un grande futuro. Prima era un mercato veramente molto di nicchia, questa tecnologia veniva usata proprio nell’industria alimentare e nell’industria farmaceutica. Adesso gli UV-C stanno arrivando un po’ da tutte le parti, ad esempio negli studi ottici per i quali abbiamo avuto tantissime richieste. In Olanda, invece, sono diffusi tra i gioiellieri per permettere ai clienti di provare i gioielli in sicurezza.  Con 9REN abbiamo raggiunto anche palestre e dentisti, questi ultimi da sempre molto attenti alla disinfezione; oggi ancora di più per dare sicurezza ai pazienti o ai clienti è fondamentale far percepire le buone pratiche adottate… in effetti tutti si sentono meglio quando vedono il dottore che cambia la carta sopra il lettino, questo è ancestrale! Il senso è un po’ quello: bisogna trasmettere sicurezza e tranquillità”.

Come nasce la collaborazione con 9REN e quali sono obiettivi comuni?

“…Nasce dalla situazione di estrema necessità in cui eravamo finiti, nel senso che stavamo cercando assolutamente un partner che fosse sufficientemente preparato e all’altezza di poterci dare una mano in maniera proattiva… un partner a cui avremmo potuto far gestire alcuni progetti che eravamo soliti seguire in prima linea, ma che abbiamo dovuto lasciare indietro per dedicarci allo sviluppo e alla produzione. In questo periodo il nostro approccio con i clienti è dovuto necessariamente cambiare. Per esempio, prima eravamo abituati ad avere la possibilità di fare dei sopralluoghi, quindi conoscere anche i clienti di persona e vedere gli ambienti dove era stato richiesto di applicare i nostri sistemi. Insomma, si lavorava in un’altra maniera! E all’improvviso ci siamo trovati a dover gestire tantissime richieste di clienti che non era giusto lasciare indietro: volevamo riuscire a dare la stessa fiducia, lo stesso supporto che davamo prima grazie ad un partner che fosse in grado di seguire i clienti in maniera soddisfacente, che fosse affidabile, all’altezza del nostro nome e che potesse continuare ad avere quella professionalità, serietà e anche capacità, di arrivare in maniera capillare a tutti i clienti nel mercato italiano”.

Esistono nuove applicazioni per gli UV-C, ad esempio per la disinfezione delle mascherine?

“Sono stati fatti tantissimi studi anche in America perché effettivamente le mascherine usa e getta stanno diventando soprattutto un problema ambientale molto serio. Noi abbiamo degli armadietti che non sono stati disegnati per le mascherine dentro cui si può mettere un po’ quello che si vuole, un sistema che disinfetta in un paio di minuti. Sicuramente il discorso principale rispetto alle mascherine è che io mi sentirei molto più tranquilla a promuovere un prodotto che disinfetta con i raggi UV-C le mascherine, un giorno che qualcuno produrrà una mascherina che è fatta per essere riutilizzata. Non ci dobbiamo mai dimenticare che in ogni caso chiunque produce delle mascherine come anche quelle chirurgiche, non ne ha previsto il riutilizzo. La mascherina è pur sempre usa e getta.

Il problema principale è quante volte la si può sanificare senza che ne abbia danneggiato i materiali? Questo è il costruttore della mascherina che dovrebbe dirlo. Però, ad esempio i nostri armadietti a raggi UV-C sono utilizzati da tantissimi pronto soccorsi e so che ci mettono di tutto, anche il loro telefonino perché è un modo per essere più sicuri. Quindi personalmente non mi limiterei solo alle mascherine”.

All’estero questi sistemi sono più o meno diffusi rispetto all’Italia? Quali le differenze di impiego?

“In America sono molto più conosciuti ed utilizzati già da tempo, soprattutto nei sistemi di aria condizionata che sono molto diffusi, ovunque. Abbiamo un partner negli Stati Uniti che si chiama Light Progress USA, perché abbiamo tantissime richieste anche dal Sudamerica soprattutto Messico Brasile, Cile e anche Canada. La domanda è aumentata talmente tanto nella parte occidentale che siamo riusciti a fare ingresso in questi Paesi. Stiamo anche sviluppando dei progetti governativi: abbiamo partecipato a gare per l’esercito e per alcune catene ospedaliere private americaneQuesto ci è permesso perché i nostri prodotti a marchio Progress sono certificati e riconosciuti dalla Food and Drug Administration in America e dalla EPA che è la protezione ambientale americana. Inoltre per dimostrare l’efficacia delle nostre lampade anche negli Stati Uniti, stiamo facendo dei test con l’università seguendo delle procedure che sono molto più selettive rispetto a quelle standard. Inoltre, abbiamo anche fatto i test per il Covid-19, per il quale aspettiamo a breve il report timbrato dall’università”.

Quando l’emergenza sarà finita, sarà importante proseguire con le sanificazioni a raggi UV-C?

“Questo mercato non è destinato, secondo me, a tornare indietro. Ci sono tanti settori che da moltissimi anni cerchiamo di sensibilizzare alla sanificazione a raggi UV-C e che oggi iniziano a comprenderne l’importanza. Abbiamo consigliato per anni ai produttori di aria condizionata di inserire le lampade UV-C dentro i sistemi di trattamento dell’aria, perché ci sono veramente dei pericoli intrinseci ma non solamente legati al Covid ma ad altre malattie o comunque proprio alla salubrità dell’aria indoor. La maggior parte del tempo della vita di un qualsiasi abitante del mondo occidentale è al chiuso non è all’aperto. Lo si trascorre tra uffici, abitazioni, centri commerciali, cinema e palestre che spesso e volentieri hanno un’aria più inquinata dell’aria esterna ma non per via del Covid. Sono veramente almeno 20 anni che noi proviamo a sensibilizzare su questo tema che studiamo.  Siamo andati in tantissimi convegni e ci sono molte associazioni anche internazionali che da molti anni promuovono l’uso dei raggi specialmente per questo settore qui. In molti avevano cominciato a integrarla ma solo in casi particolari come per l’aria condizionata dell’ospedale o per quella della stazione metropolitana. E invece proprio questo sta cambiando e non credo che torneremo mai indietro perché tutti adesso sono attenti alla qualità dell’aria che si respira. Non credo che qualcuno se ne dimenticherà.

La paura e l’insicurezza che abbiamo adesso nei confronti del mondo intero ci lascerà una certa accortezza riguardo al tipo di aria che stiamo respirando, cambierà le nostre abitudini…per certi versi le migliorerà! Le persone sono oggi più aperte a considerare questa tecnologia perché hanno a cuore la salute. Forse siamo diventati tutti un pochino più attenti non solo ai controlli o alle norme, ma anche agli altri”.